Il celibato opzionale: ipotesi “cattolica” o “anti-cattolica”?
di Padre Serafino M. Lanzetta, – Anno XVIII. 2-2023 – sez. Theologica – p. 211-274
L’altissima vocazione del sacerdote implica che egli sia conforme a Cristo, tutto dedito e donato al suo servizio e a quello dei fratelli, proprietà assoluta di Dio per il sigillo sacramentale impresso nella sua anima. Essere sacerdote è un privilegio che, custodito e protetto, trova la sua gemma più preziosa nel celibato. Il rischio dell’abolizione del celibato ecclesiastico e della sua riduzione a una mera questione di cultura o di disciplina, dunque, è il pericolo più grande in cui possa incorrere un’anima sacerdotale, nonché soluzione assolutamente impossibile in campo teologico!
1. INTRODUZIONE
Sembra che sia arrivato il momento storico di prendere coscienza del dramma che il celibato opzionale potrebbe apportare alla Chiesa. Davanti ad un’ipotesi che appare sempre più concretizzabile è bene che ogni cattolico non si limiti a guardare cosa succede o “se” succede. Siamo di fronte a una minaccia rivolta alle fondamenta stessa della Chiesa.
Non si tratta di una questione di partiti di “tradizionalismo” contro “progressismo”: in gioco c’è l’identità stessa della Chiesa, col rischio di una deformazione che toccherebbe perfino le sue radici. Anche lo “stare zitti”, in questo caso, comporterebbe una grande responsabilità. Che non si tratti di “allarmismo” ingiustificato lo notiamo dalla conclusione del libro del cardinal Robert Sarah e di Benedetto XVI Dal profondo del nostro cuore1, dove apprendiamo un sollecito ammonimento che diventa sempre più incalzante:
«È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, non si facciano più impressionare dai cattivi consiglieri, dalle teatrali messe in scena, dalle diaboliche menzogne, dagli errori alla moda che mirano a svalutare il celibato sacerdotale.
È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, ritrovino uno sguardo di fede sulla Chiesa e sul celibato sacerdotale che protegge il suo mistero […]. Prendiamo con coraggio la parola per confessare la fede senza temere di mancare di carità […]. A nessuno è proibito proclamare la verità della fede in uno spirito di pace, di unità e di carità. Guai a chi resterà in silenzio»2.
L’intento di queste righe, pertanto, è quello di dare qualche spunto di riflessione sull’argomento e in particolare ci rivolgiamo ai sacerdoti, nella speranza che con le loro suppliche e la loro santità di vita scongiurino questo pericolo imminente e forse troppo sottovalutato.
2. UNA POSSIBILITÀ DA REALIZZARE
Al sito argentino Infobae, Papa Francesco ha dichiarato così: «È una prescrizione temporanea […]. Non è eterna come l’ordinazione sacerdotale […]. Il celibato, invece, è una disciplina». Allora, gli è stato chiesto: «Quindi potrebbe essere rivisto?». «Sì», ha risposto, aggiungendo che «nella Chiesa cattolica ci sono preti sposati: tutto il rito orientale è sposato […]. Non c’è contraddizione che un prete si sposi»3.
E al sito Perfil, in un’intervista rilanciata anche sul portale della Santa Sede Vatican News, ha affermato che «è una questione di disciplina, che oggi c’è e domani può non esserci, e non ha niente a che vedere con il dogma».
Queste dichiarazioni hanno una portata non indifferente, soprattutto se si considera che siamo nel pieno dei lavori sinodali e che il Sinodo tedesco si sia concluso con le dovute pressioni affinché la cosiddetta “legge” sul celibato venga modificata.
Il Codice di Diritto Canonico quando parla del Sinodo dei vescovi lo presenta come un organo collegiale di sostegno nel consigliare il Romano Pontefice e, in particolare, la sua collaborazione si presta
«nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo» (can. 342).
In questa dinamica di supporto, la possibilità di revisione del celibato sacerdotale può essere valutata esclusivamente se considerata come una “disciplina”, una “prescrizione temporanea”, così come si è proposto – quale input di tutta questa strategia di cambiamento – nel caso dell’Amazzonia, ancora nel 2019.
Un organo ufficiale della Chiesa Cattolica, infatti – il Sinodo dei vescovi – ha chiesto al Papa di ordinare al presbiterato per una regione del mondo, quella amazzonica, uomini sposati che vivono la loro normale vita matrimoniale. La richiesta, se pur rimasta in “apparente” sospensione temporanea, rappresenta la valutazione sinodale – e quindi da parte del collegio dei vescovi – di poter modificare una legge ecclesiastica sempre difesa e sostenuta dal Magistero. Questo primo passo, quindi, già presenta il celibato come una disciplina e dà per scontato che sia modificabile.
Il caso “Amazzonia” è stato presentato come un’eccezione urgente e “le voci di corridoio” correvano incontro a popolazioni definite incapaci di comprendere il celibato, creando così come una sorta di forma di emergenza e necessità senza alternative – l’esigenza dell’ordinazione di uomini sposati.
Giustamente, il cardinal Sarah – e si noti che parliamo di un cardinale africano – pose questo interrogativo di fondo:
«Ma per quale motivo, nelle zone più remote dell’Amazzonia, dovrebbero presentarsi maggiori difficoltà nel comprendere il celibato sacerdotale? […] Alcuni missionari occidentali non comprendono il senso profondo del celibato e proiettano i propri dubbi sui popoli Amazzonici»4.
Tale proiezione, senza alcuna sorpresa, non tarda ora ad allargarsi in tutta la Chiesa, cercando confronti con le situazioni che già vivono una prassi diversa e giocando alquanto sull’ignoranza generale. Si noti, inoltre, come lo sguardo di valutazione è sempre verso l’orizzontale, in quella visione antropocentrica esasperata e incapace di sostenere una “legge” che opprime coloro che non ne comprendono il suo vero valore soprannaturale.
Del resto, a livello teologico ma anche pastorale, se un “Papa” arriva ad affermare che “non c’è contraddizione che un prete si sposi” siamo proprio arrivati al limite, andando ben oltre al fatto di uomini sposati che accedono al sacerdozio. Affermazione, quella di Francesco, che non ha precedenti e che per se stessa non ha un fondamento né cattolico, né apostolico.
Di fatto, come commentava il cardinal Sarah al solo riferirsi della proposta del Sinodo amazzonico,
«se riduciamo il celibato sacerdotale a una questione di disciplina, di adattamento ai costumi e alle culture, isoliamo il sacerdozio dal proprio fondamento. In questo senso, il celibato sacerdotale è necessario per la corretta comprensione del sacerdozio».