Il Concilio Vaticano II visto da Francesco: un «ecosistema ecclesiale e pastorale»

medaglione-fides-catholica

di Padre Serafino M. Lanzetta – Anno XVI. 2-2021 – sez. Editoriale – p. 5-22

1. INTRODUZIONE
Si parla spesso dell’“evento Francesco” – che ha segnato una nuova tappa nella vita e nella storia della Chiesa – senza poterlo ovviamente separare da un fatto più originario, l’“evento Vaticano II”, che ne costituirebbe uno sviluppo1. Papa Francesco è stato anche definito il primo papa grazie al quale finalmente scompare il conflitto d’interpretazione nell’ermeneutica conciliare2. Sicuramente si tratta di un modo nuovo di vedere il Vaticano II, di non facile lettura. Da un lato c’è un ancoraggio al corpo magisteriale del Vaticano II, anche se più sporadicamente e solo in alcuni documenti centrali, dall’altro c’è un superamento del testo in nome dello spirito conciliare, di un legame simbolico che Francesco stabilisce in base ai suoi ricordi del Concilio o alle sue aspirazioni di riforma della Chiesa. In questo legame simbolico si colloca l’interpretazione bergogliana dei testi conciliari, una sorta di riscrittura3 che mai mira a ingabbiarne lo spirito. Si offre una lettura dalle maglie ampie perché ci sia un rinnovamento che significhi rigorosamente “processo” e processo significhi muoversi, progredire, cambiare. L’essere è il processo e il processo esprime la Chiesa o quel Sinodo che la Chiesa è chiamata a diventare in nome del Concilio. Proveremo a leggere questo modus interpretativo di Francesco attraverso le sue parole, i suoi documenti, ma anche attraverso i suoi silenzi, i quali potrebbero apparire come negligenza del dettato conciliare, ma che in fondo sono un altro modo, forse quello più convincente, per far emergere il Vaticano II come supremo concilio della Chiesa e ad un tempo come semplice premessa magisteriale.

2. COSA DICE FRANCESCO DEL VATICANO II
Un primo importante riferimento al significato del Vaticano II si trova nell’intervista concessa dal primo Papa gesuita alla rivista La Civiltà Cattolica, pubblicata il 19 settembre 20134, proprio agli inizi del pontificato di Francesco. L’intervista, condotta da padre Antonio Spadaro, SJ, fu molto ampia. È interessante il commento di padre Spadaro alla domanda sul Vaticano II:

«“Che cosa ha realizzato il Concilio Vaticano II? Che cosa è stato?”, gli chiedo alla luce delle sue affermazioni precedenti, immaginando una risposta lunga e articolata. Ho invece come l’impressione che il Papa semplicemente consideri il Concilio come un fatto talmente indiscutibile che non vale la pena parlarne troppo a lungo, come per doverne ribadire l’importanza»5.

Ed ecco la risposta di Francesco, in cui emerge la sua preoccupazione nei confronti del Vetus Ordo, quasi come di una minaccia al Vaticano II6 e alla sua riforma liturgica; tale preoccupazione, manifestata sin da subito (e posta in atto con il commissariamento dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata), avrà risvolti molto drastici ai nostri giorni, come vedremo:

«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile. Poi ci sono questioni particolari come la liturgia secondo il Vetus Ordo. Penso che la scelta di Papa Benedetto sia stata prudenziale, legata all’aiuto ad alcune persone che hanno questa particolare sensibilità. Considero invece preoccupante il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione».

Qualche riferimento più dottrinale e testuale al Vaticano II lo si trova nel documento programmatico del pontificato di Francesco, l’Esortazione Evangelii gaudium. Francesco fa sua la visione di Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio, secondo cui una cosa è la sostanza della fede, e un’altra la formulazione della sua espressione7. Distingue tra sostanza della fede e la sua forma espressiva che si ha principalmente nel linguaggio. Francesco ribadisce che

«gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità»8.

Poi, criticando un’eccessiva centralizzazione delle strutture della Chiesa, che anziché facilitare la missione la ostacolano, il Papa, richiamando il dettato della Lumen gentium 239, cioè realizzare concretamente il senso di collegialità attraverso il contributo delle Conferenze episcopali, auspica che tali Conferenze episcopali diventino «soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale»10. Infine, il principio della “gerarchia” delle verità espresso dall’Unitatis redintegratio 1111, viene così reso dal Pontefice argentino: «Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo»12. In realtà, il decreto Unitatis redintegratio parla di un ordine o “gerarchia” (messo tra virgolette nel testo) delle verità per il loro diverso nesso con la fede cristiana; nesso che deve essere letto perciò nell’alveo dell’analogia fidei e non come una sorta di più o meno quantistico o d’importanza. Tutte le verità in quanto rivelate sono importanti, al punto che, se ne si nega anche solo una, non si è più cattolici.

Un altro testo importante in cui Francesco fa riferimento all’autorità del Concilio Vaticano II come «nuovo percorso nella storia della Chiesa» per abbattere «le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata»13 è la Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della misericordia, Misericordiæ Vultus. Citando il discorso di apertura del concilio di Giovanni XXIII e quello di chiusura di Paolo VI, che paragonava l’opera del sacro sinodo a quella del Buon Samaritano nei confronti di un’umanità ferita, Francesco diceva così:

«Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità
di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre»14.

Il medesimo tema sarà ripreso dal Papa nel suo discorso all’Associazione Teologica Italiana, ricevuta in udienza il 29 dicembre 2017, dove chiederà ai teologi di riferirsi sempre all’evento del Concilio, da

«essere recepito all’insegna di una “fedeltà creativa”: nella consapevolezza che in questi 50 anni sono avvenuti ulteriori mutamenti e nella fiducia che il Vangelo possa continuare a toccare anche le donne e gli uomini di oggi. Perciò vi chiedo di continuare a rimanere fedeli e ancorati, nel vostro lavoro teologico, al Concilio e alla capacità che lì la Chiesa ha mostrato di lasciarsi fecondare dalla perenne novità del Vangelo di Cristo»15.

“Evento” e “fedeltà creativa” sono le direttive ermeneutiche fondamentali della visione conciliare di papa Francesco. Una forte accentuazione in questa direzione è venuta dai suoi commenti rilasciati ai giornalisti durante il volo di ritorno da Abu Dhabi, dove aveva firmato insieme al Grande Imam di al-Azhar il documento sulla fratellanza umana, aprendo però a un sincretismo religioso, giustificato come sapiente volontà di Dio16: tutte le religioni sarebbero volute da Dio. Il Papa, fiero di quel risultato, lo blindava con l’autorità del Vaticano II, o meglio con il suo “spirito”. Diceva così:

«Questo lo ribadisco chiaramente: dal punto di vista cattolico il Documento non si è discostato di un millimetro dal Vaticano II. Viene anche citato, alcune volte. Il Documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II»17.

Più di recente, alla fine del mese di gennaio 2021, in modo alquanto drastico, severo e poco misericordioso, papa Francesco, ricevendo i partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio Catechistico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana, ricordava la necessità di dover rinnovare la catechesi secondo le indicazioni del Concilio, guardando ad esso con riconoscenza ma in modo esclusivo. Francesco pone un’equazione di questo tipo: perché la catechesi sia ispirata (solo) al Vaticano II è doveroso notare che «il Concilio è magistero della Chiesa», e perciò o lo si accetta e si è nella Chiesa, o non lo si accetta e si è fuori, non si è più con la Chiesa. Quindi tutta la catechesi, per essere nella Chiesa, deve essere basata sul magistero del Vaticano II. Ecco le sue parole:

«Questo è magistero: il Concilio è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato, per avere più di questi… No, il Concilio è così. E questo problema che noi stiamo vivendo, della selettività rispetto al Concilio, si è ripetuto lungo la storia con altri Concili. A me fa pensare tanto un gruppo di vescovi che, dopo il Vaticano I, sono andati via, un gruppo di laici, dei gruppi, per continuare la “vera dottrina” che non era quella del Vaticano I: “Noi siamo i cattolici veri”. Oggi ordinano donne. L’atteggiamento più severo, per custodire la fede senza il magistero della Chiesa, ti porta alla rovina. Per favore, nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa»18.

LEGGI TUTTO

vedi tutti gli articoli di questo periodico qui